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Una cosa che mi piace tanto è la marmellata di more; per cui ho imparato a farla.
Ma la cosa che mi piace un po’ di più è raccogliere le more per farla.
Le more sono … no via, tutti conosciamo le more, ma quello che forse non sai è che raccogliere le more richiede una profonda attenzione e acuta osservazione.
Frutti squisiti, a volte dolcissimi altre un po’ meno, praticamente privi di polpa e pieni di duri semini legnosi che si incastrano fra i denti, ma così teneri e delicati che se li stringi troppo si spappolano rilasciando tutto il loro indelebile succo.
Questi amorosi e batuffolotti frutti crescono su una pianta che di amorevole ha ben poco.
Spine, un scacco di spine ricurve che quando si incastrano nella pelle e tu per il pungente dolore, sei tentato a tirare indietro la mano, si incastrano ancora di più.
Spine, spine ovunque! Perfino tutta la pagina inferiore delle foglie è ricoperta da queste più piccole.
Ed è proprio qui che il Rovo Selvatico si fa maestro.
Cosa insegna?
A conoscere il tuo corpo, la magia del silenzio, la bellezza nei movimenti lenti e delicati.
Questo non vale se raccogli due o tre more così, di sfuggita, mentre passi camminando davanti ad una pianta.
Armati di cestino, vai possibilmente da solo e resta lì per almeno un’ora.
Inizia a raccogliere le more e l’obbiettivo è riempire il cestino senza pungersi.
E mentre fai questo, oltre a guardare bene dove sono le more, osserva intorno, ascolta i suoni esterni e il battito del tuo cuore … e vedrai che se anche qualche spina entrerà nella pelle, ti renderai conto che l’ortica fa più male!
L’avevi vista?
E poi domandati:
Come mai sono più belle quelle che sono in alto?
Come mai voglio quelle lassù dove non arrivo e non mi accorgo affatto di quelle che ho vicino ai miei piedi?
Buona marmellata anche a te!
Gratis et Amore Dei
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Fotografie: Sabrina Calieri
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